La volgarità
Ho avuto la fortuna di pubblicare un romanzo, che rientra nel genere erotico.
Mi capita di frequente di leggere recensioni di lettori, non solo del mio ma anche di altri libri, che sottolineano che i passaggi erotici non sono volgari, altre volte invece dicono il contrario.
La volgarità è ovviamente un concetto soggettivo: ciò che per me è volgare per altri può essere “riscaldamento” e viceversa.
Adesso però voglio fare un esempio pratico.
Accendo il mio Kindle e tra le centinaia di titoli ne scelgo uno, leggo la descrizione, che specifica che è adatto a un pubblico adulto, mi piace e lo compro.
Inizio a leggere e la storia mi prende.
I protagonisti a un certo punto hanno una discussione e uno dice: «Cazzo, sei proprio uno stronzo!»
«Be’, io sarò stronzo, ma tu sei un figlio di puttana!» ribatte l’altro.
Interrompo la lettura e penso che il linguaggio usato sia giusto, perché sono arrabbiati e stanno litigando.
Sono sempre più coinvolta, lo scrittore è stato bravo, ha caratterizzato bene i personaggi e la trama è fitta.
Ottimo! Ho scelto un bel libro.
I protagonisti hanno intanto fatto pace e si apprestano ad appianare le loro divergenze in modo carnale.
Oh! Sono contenta, dopotutto è un romanzo erotico.
Ora, per fare un altro esempio pratico, vi comunico che i personaggi in questione sono un lui e una lei, non per discriminare, ma solo perché a breve citerò entrambi gli organi di riproduzione sessuale.
Lei è sul letto, nuda, lui è in piedi e la guarda.
Lei sussurra: «Schiudo i petali del mio fiore rorido di rugiada per accogliere il tuo pungiglione, amore mio!»
Lui replica: «Il mio pungiglione è pronto a succhiare il tuo nettare.»
Accidenti! (Impreco poeticamente per non rovinare il momento)
Torno alla descrizione del prodotto, per essere sicura di non aver sbagliato, e c’è scritto proprio adatto a un pubblico adulto e allora perché ho appena letto di una lezione di educazione sessuale per bambini?
Tutto questo per dire che nel primo dialogo le parolacce erano appropriate, perché quando si litiga capita di pronunciarne qualcuna, e che nel secondo il linguaggio usato non era consono perché non credo che qualcuno si esprima così prima di scopare.
Ricordo con chiarezza una lezione del mio professore d’italiano al liceo che spiegava la verosimiglianza.
Non voglio insegnare niente a nessuno, però questa cosa, la verosimiglianza, io in un libro la voglio trovare e quindi accetto la parolaccia sia in una discussione sia durante il sesso.
Non so quale sia il limite, ma di certo in un romanzo o racconto erotico cerco la credibilità e la storia del fiore non è credibile.
A voi l’ardua sentenza.
Iris Bianchi, autrice di Zucchero alla vaniglia, Eroscultura