Il perché l’erotismo venga tanto celebrato attraverso qualunque forma d’espressione l’universo artistico permetta di plasmare, è in quanto arte esso stesso. Arte sensuale, arte sessuale. Di essa si nutre.
L’erotismo è attitudine, in relazione alla condizione umana trova origine nella sfera intima ed eccitativa, ma ben pochi sono in grado di instillare quest’arte negli altri. Vi è spesso un’errata associazione tra pulsione erotica e meccanicità di istinti primordiali tipiche dell’uomo, che snatura l’essenza propria dell’uno rispetto all’altro. Il primo è sublime, attinge dall’esaltazione massima dei cinque sensi, il secondo ha meno pretese estatiche, ne ricerca e ne soddisfa lo stato fisico essenziale. Causare un’erezione non è erotismo, indossare abiti succinti non è erotismo. Essere lascivi e lussuriosi, sono tutte azioni comuni, manifeste. Al contrario, l’erotismo non si manifesta, agisce sottopelle. Si muove lentamente, sotto l’epidermide, scorre nelle vene e inebria gli animi. È entrare in sintonia con un corpo negli aspetti che lo trascendono, dove il concetto di bello non origina e confina nel solo limite dell’occhio, ma fluisce e perdura fino agli altri sensi del sentire. Un bello autentico.
Se non è prerogativa innata, aspirare all’erotismo non è possibile, come non è possibile pretendere che la nostra componente erotica si connetta con chiunque. Una corrispondenza avviene solo laddove vi sia non soltanto una predisposizione empatica nei confronti di un’altra anima, ma anche una buona efficienza delle capacità intellettive, date le aree cerebrali che si attivano mediante questo processo di reciproca intesa. Erotismo, dunque, presuppone anche intelligenza. Confinarne tutti gli aspetti in un unico, conveniente significato etimologico – sesso – oltre che riduttivo è incorretto. Non necessariamente il sesso viene vissuto in maniera intellettuale.
L’erotismo ha trovato ampio sbocco nell’arte perché, sia nell’accezione comune, sia nell’importanza che essa da sempre riveste nella vita degli esseri umani, permette – pur con non pochi cavilli di natura etica e morale – di mettere allo scoperto l’incomprensibile, e ciò che è incomprensibile, all’uomo spaventa. Ciò che spaventa pregiudica, e ciò che pregiudica è pregiudizio. Il pregiudizio è una delle peggiori piaghe che affossano, declassano e additano, poiché incapace di comprendere il significato intrinseco del sesso e della sessualità, costringendo di fatto all’ombra del tabù. L’erotismo, che non merita di vivere nell’ombra, si è guadagnato il proprio spazio di luce nell’arte in quanto l’arte è un canale socialmente accettato come veicolo del proibito. Dalla letteratura, ai dipinti, alla fotografia, alla scultura, ciascuna forma accettabile purché limitata il più possibile alla manifestazione figurata, piuttosto che all’esperienza diretta tra individui. Piuttosto che al vissuto vissuto, quando avviene l’incontro tra eros e sesso, ovvero la celebrazione della fusione spirituale e fisica.
I dettami di stampo religioso che ancora sono radicati nella nostra cultura, che ancora screditano la condotta sessuale al di fuori del vincolo coniugale o quando non atta a fini procreativi, imputano al vasto e sfaccettato universo dell’erotico una connotazione dissacrante, un’esortazione alla dissolutezza, una minaccia all’equilibrio tra volontà e piaceri della carne, traviando l’uomo nel temuto peccato capitale della lussuria. In realtà, è bene ricordarlo ogni volta che si tratta l’argomento, non è l’erotismo in sé a dissestare il labile equilibrio tra princìpi morali e debolezze istintuali, ma la paura dell’erotismo, la riluttanza all’inclinazione naturale nei confronti di ciò che ruota attorno ad esso, alle reazioni del corpo e ai pensieri suscitati da un altro corpo. Non conoscere o non riconoscere la propria componente erotica per timore della sua forza travolgente, può innescare tutti quegli aspetti negativi che squilibrano le fantasie e i piaceri portandoli all’eccesso, fino a che la brama del desiderio non sfugge al controllo delle pulsioni e sfocia in depravazione, attributo di cui, immeritatamente, l’erotismo si fa carico. Per quanto soggettivo sia il concetto di depravazione, per quanto sottile il confine tra ciò che viene definito passione e volgarità – poiché esse variano a seconda della sensibilità dell’individuo – non può esserci autenticità laddove predomini sregolatezza, basti considerare che l’erotismo, perché sia vissuto nella sua forma più pura, lo si può ritrovare solo nell’equilibrio. Per questo è necessario conoscerlo e comprenderlo, per evitare l’insidia degli eccessi e alimentare i pregiudizi.
Gabriele D’Annunzio, nella sua opera: “Il Piacere” ci fornisce una visione esplicativa di come la bramosia smodata possa corrompere la natura genuina degli istinti attraverso il personaggio Andrea Sperelli, figlio di una nobile e raffinata famiglia romana. Nato negli ambienti agiati d’alta classe, dove il culto della bellezza, dell’eleganza e dell’esaltazione spassionata del piacere – legata in prevalenza ai beni materiali – erano i dettami fondanti della famiglia, Andrea cresce portando avanti le tradizioni del padre, un personaggio agli estremi splendori della corte borbonica, la cui massima era godere di ogni tipo di piacere fisico, senza però tralasciare l’importante monito del: “possedere senza farsi possedere”. Tuttavia Andrea, a causa della sua indole sensibile e della debole forza di volontà – resa ancora più volubile dall’addio da parte della donna di cui è follemente innamorato – finisce per abbandonarsi senza controllo alle sue stesse passioni, fino a farsi travolgere e a condannarsi alla solitudine e a rapporti dissoluti con donne di cui non ha un reale interesse.
Anche nel mio romanzo: “Il Mecenate” ho voluto porre l’attenzione sulla sregolatezza del vizio, in questo frangente ai danni di altri, più che al personaggio stesso. Anche Max – protagonista della storia – uomo dotato di una peculiare propensione erotica e incline alla scoperta di nuovi modi per scoprire e godere i piaceri, lascia che siano questi a controllare la sua vita, a prevalere sopra ogni valore morale, anche a costo di commettere abusi sessuali. Al contrario di Andrea Sperelli, Max è consapevole di essere una vittima delle proprie perversioni sessuali e non si strugge di questa condizione, anzi, è alla continua ricerca di altre vittime sulle quali scaricarle.
Le personalità di queste due figure citate altro non sono che lo specchio di un erotismo base snaturato e divenuto deviante, niente a che vedere con quello stato di sublimazione al quale solo le anime più autentiche riescono ad ambire.
Imparare a lasciarsi andare al proprio Io erotico facendosi guidare e non sopraffare dagli istinti, è senza dubbio il modo più genuino di apprezzare la sessualità e il piacere autentico da essa derivato. Imparare a saper distinguere l’equilibrio dalla sregolatezza, la depravazione sana da quella distruttiva, può aiutare ad arginare i pregiudizi legati all’erotismo e a restituirgli la definizione più corretta a identificarlo, che, come abbiamo detto all’inizio dell’articolo, è Arte.
– Sara Cabizzosu